Installazione site - specific in occasione di Festivalfilosofia 2020
18 - 19 - 20 settembre 2020
Modena, Lapidario Romano dei Musei Civici
a cura di Serena Goldoni, Cristina Stefani, Cristiana Zanasi
Il progetto è stato commissionato e realizzato in collaborazione con i Musei Civici di Modena
e con il contributo del consorzio Festivalfilosofia
Il museo, inteso come macchina classificatoria, nel XIX secolo ha rappresentato uno strumento di ricerca e divulgazione fondamentale, un collegamento fra la società di allora e gli studiosi. Il Museo di formazione ottocentesca “con il suo orientamento classificatorio e evoluzionista si propone come realizzazione concreta e intellegibile di un’ideologia del progresso in cui l’uomo, al centro della natura, può classificarla, comprenderla nei suoi più complessi meccanismi di funzionamento, dominarla infine verso un inarrestabile progresso. Il passato, testimoniato dagli umili strumenti dell’uomo paleolitico ai macchinari dagli automatismi fino ad allora impensabili, è finalmente lì, imprigionato dentro ad ordinate vetrine per raccontare la storia “positiva” dell’umanità.” (A. Cardarelli in Modena dalle origini all’Anno Mille, Modena 1988).
E’ a seguito di queste premesse che nel 1871 ha origine il Museo Civico di Modena, emblematico esempio del carattere classificatorio e repertoriale mutuato dalla cultura positivista. Per dar luce a questa sua connotazione e sul filo rosso del tema 2020 del festivalfilosofia, “macchine”, è stata attivata una collaborazione con l’artista modenese Alice Padovani, che fa da premessa alle celebrazioni dei 150 anni dalla fondazione del museo e che dà l’impulso per riflettere sul tema delle sue origini. Un lavoro che ha un richiamo collettivo e che si fonde su uno stretto legame tra la natura del museo e la spinta classificatoria insita della ricerca artistica di Alice Padovani.
Il progetto ha visto nella sua fase germinale l’impegno dei curatori museali che hanno selezionato circa 300 oggetti e reperti scelti tra le raccolte conservate nei depositi, e di seguito il lavoro in progress di Alice Padovani; un’installazione che, forte dell’”impulso archivistico” che l’artista da anni porta avanti attraverso le sue opere, avrà come esito finale l’assemblaggio di una selezione dei reperti stessi, rappresentativi delle raccolte d’archeologia, arte, etnologia, artigianato e risorgimento.
Il dialogo tra questi oggetti, uniti ora da una logica emotiva volta a una lettura contemporanea dell’antico approccio classificatorio, darà voce a un’idea di raccolta come aggregato inscindibile di un tutto, di una collezione che diventa testimone della molteplice complessità delle raccolte del museo, della “macchina museo” che riesce a dominare il sistema di dati e informazioni provenienti dal passato.
Gli oggetti, fino ad ora nascosti al pubblico, sono rappresentativi dell’eterogeneità delle raccolte. Affascinanti e curiosi, essi intrecciano storie, testimonianze e amenità in un compendio affettivo capace di mettere in luce l’incredibile patrimonio del museo, raccontato ora attraverso la cifra stilistica dell’artista. Alice Padovani agisce in questa occasione in un’azione performativa che si prolunga nelle tre giornate del festival e che avrà come esito finale una grande opera circolare a pavimento. Tutti gli oggetti selezionati saranno inoltre documentati con un disegno che ne classifica le loro peculiarità, nella libera interpretazione che ci vuole lasciare l’artista.